Di e con Armando Castagno.
“Come Scajola non sapeva di avere una casa al Colosseo, sono sicuro voi non siate a conoscenza del fatto che la regione del Beaujolais e la Romagna siano gemellate a livello di camere di commercio”
Armando Castagno parla di Beaujolais come una delle migliori zone vitivinicole al mondo con il miglior rapporto prix-plaisir procurée. Il Beaujolais famoso per il vin nouveau, vino novello, con cui tantissimi francesi vengono svezzati da ragazzi. Diceva Veronelli: “Non amo i novelli perché non amo le dodicenni”.
Dalla mezzanotte del terzo giovedì di novembre, in tutta la Francia, vengono affissi cartelli e uomini Sandwich per tutte le città della Francia, annunciano che: “le nouveau Beaujolais est arrivé“ tanto da portarti alla più classica delle risposte: “ecchissenefrega”. “La vita è già abbastanza breve per bere anche i vini novelli”.
Il Novello in Beaujolais ha avuto l’indiscutibile merito di penetrazione popolare nel mercato del vino, facendo conoscere questa regione e il vitigno Gamay al mondo, e trascinando economicamente tutto il comparto. Allo stesso tempo ha rappresentato una zavorra che ha oscurato e ancora oscura i grandi vini e rendendo i bravi produttori meno credibili. “Una sbornia di popolarità che se da un lato ha mitizzato la regione, dall’altra le ha vietato di imporsi anche per i suoi vini più veri, più intimi, più autentici.” (Francesco Falcone). Ne è emblematico il fatto che pochissime aziende, delle 10 in degustazioni, siano importate in Italia.
A detta di Armando forse la più importante e completa degustazione di Beaujolais mai stata organizzata in Italia. La degustazione non ha naturalmente preso in considerazione il Beaujolais Nouveau
Il Beaujolais quello vero è “sexy”, “da una botta a via”, “vino quotidiano”, “goloso”, “bevibile”, “succoso”. “Un vino di colore, con buona dotazione tannica e con un’alcolicità affatto timida che rimane però trasognato, scanzonato, disimpegnato e versatile negli abbinamenti. Coccola senza annoiare, si fa sentire senza ferire, è facile da bere senza risultare scorrevole, è mediano senza passare inosservato, è gregario ma di quelli tosti, per cui vale la pena sacrificare un finto campione.” Francesco Falcone
La Cote Beaujolais bagnata dal fiume Saona, una striscia di terra di 50 km di lunghezza per 15 km di larghezza. Filippo II, detto l’Ardito, nel 1396 escludeva dalla Borgogna il Gamay definita “uva sleale”, che “faceva male allo stomaco”. Un’uva che in Borgogna imperversava. Il fatto è che il Gamay è una pianta acidofila che si adatta a terreni acidi come lo sono quelli del Beaujolais e come lo sono anche i terreni di origine vulcanica. Di contro la Borgogna ha PH alcalino molto elevato, dato dalla massiccia presenza di calcio, che appunto da PH alto e dove il Pinot Nero, che ama questi tipi di terreni alcalini, sta benissimo.
Una regione di 17.000 ettari vitati e 96 comuni. Due dipartimenti di competenze, da nord Saone-et-Loire e Rhone, e due regioni amministrative Bourgogne-Franche-Comtè e Auvergne-Rhone-Alpes. Tre scalini con una denominazione regionale specifica “Beaujolais”, il vino prodotto ovunque che riguarda tutti i comuni. Il “Beaujolais Villages”, e la punta della piramide rappresentato dai 10 Cru tutti nella parte nord della regione.
Non esiste un vero e proprio protocollo di vinificazione. La macerazione semi-carbonica è sicuramente la più utilizzata. Partendo da un contenitore che può essere di acciaio, di legno, di cemento o di vetroresina, lo si riempie di uva non diraspata a grappolo intero. Il contenitore viene sigillato e per effetto della pressione, tempo poche ore, gli acini si rompono ed esce il succo. Spesso è già presente un po’ di succo che chiamano succo di cottura. Parte una fermentazione lentissima, il Gamay è un’uva molto zuccherina, una fermentazione quasi tumultuosa seppur molto lenta, con la conseguente produzione di alcol e di gas che non può uscire perché prevalentemente si usano contenitori a chiusura stagna. Il gas satura l’aria e determina, in 4-8 giorni, un’estrazione particolare di determinati sostanze aromatiche specifiche di questo tipo di fermentazione e anche di colore, diventando molto profondo.
Il Beaujolais è il vino, di struttura leggera, con i colori più impenetrabili e scuri, quasi inchiostranti, tanto da farti presagire una bocca con un tannino importante. Al gusto ciò è smentito, o quantomeno è un tannino delicato in 6 denominazioni su 10, le quali presentano una struttura tannica leggera. Terminato questo processo, a differenza del Beaujolais nouveau, il vino prosegue con una macerazione classica con un contatto con le bucce dai 15 ai 20 giorni.
Altri produttori adottano il tipico protocollo borgognone, con una normalissima fermentazione alcolica a grappolo intero senza saturare il contenitore. Quasi tutti i vini svolgono interamente una fermentazione malolattica che spesso parte da sola, in quanto le temperature delle cantine in Beaujolais sono più alte rispetto per esempio alla Borgogna dove invece troviamo una media di 6°C e dove, di conseguenza, la malolattica parte con tutta calma alla terza settimana di luglio. “In Borgogna non hanno fretta e piuttosto che indurla, si fanno ammazzare.”
Terreni caratterizzati da un granito sabbioso rosa che ospita vigne vecchie allevate, nella maggioranza dei casi, ad alberello. Sono terre davvero magre e le piante per trovare un po’ di umidità devo possedere apparati radicali profondissimi. Più la vite va in sofferenza più i risultati saranno straordinari. Il Gamay è un’uva di grande riduzione, un’uva precoce nel germogliamento, molto sensibile alle gelate primaverili che, in questa regione, sopraggiungono spesso anche a maggio, con nottate a -10°C. Un vitigno molto sensibile anche all’acinellatura, che quando si palesa, viene benedetta.
Le 10 AOC da nord a sud:
– Saint’Amour – 325 ha. Terre granito, argille silicee. La denominazione più a nord. “Il Beaujolais del cuore”. Sant’Amore, che si festeggia il 22 luglio, anno di fondazione dell’AS Roma Calcio e della nascita di mio fratello. L’unica denominazione in cui i vini possono essere venduti già a febbraio, (il regolamento fissa il 15 marzo per l’immissione sul mercato dei 10 Cru) questo perché il 14 febbraio si festeggia San Valentino e la vendita del Saint’Amour, a febbraio, rappresenta mediamente il 26% delle vendite annue.
– Juliénas – 580 ha. Terreni granitici e magri. Il nome deriva dalla colonizzazione romana e da Giulio Cesare. Sentori più severi, boschivi, terrosi e comunque più maturi rispetto a Saint’Amour. La ciliegia è il frutto che caratterizza Juliénas.
– Chénas – 265 ha. Sabbiosi di natura granitica. Veemenza tannica e vino prediletto da Luigi XIII, padre del Re Sole “che sicuramente prediligeva più il vino che le donne. Anna d’Austria sterile da 23 anni, quando arriva a corte il Cardinal Mazzarino dall’Italia, rimane subito gravida. Nasce il Re Sole che, tra l’altro, assomiglia moltissimo a Mazzarino. Qualche dubbio viene.” Zona di vigne strappate ad un bosco di querce. Di struttura robusta. Veemenza tannica.
– Moulin-à-Vent – 655 ha. Sabbie granitiche ricche di manganese. Il Beaujolais più famoso, la denominazione che sovrasta le altre per fama mondiale e per vocazione. Vino indistruttibile con una gettata lunga che può arrivare anche a 50 anni di longevità senza colpo ferire. Sentori chiaro-scuri. Il Mulino a Vento è il simbolo della denominazione, monumento storico, costruito nel XV secolo.
– Fleurie – 870 ha. Terre granitiche. Contegno opposto al precedente, con sentori di ciclamino, peonia, rosa canina. Senza essere leggero come il Saint’Amour è comunque un vino delicato e sensuale.
– Chiroubles – 350 ha. Terreni granitici precocizzanti e sabbiosi. Denominazione preferita dagli esperti. Molto caratterizzante. È il Beaujolais di alta collina. Zona più fresca a 450 metri di altitudine. “Tessitura acida importante, un foulard, elegante, tannino educato, portamento fine e dettagliato, algida atarassia.”
– Morgon – 1100 ha. Presenza di scisti e ossidi di ferro. Esprime la più oscura profondità. Esiste il verbo “Morgonare” cioè esprimere un’anima nerastra, densa, scura, inchiostrata. È stata la denominazione-laboratorio e palestra dei produttori naturali di Francia.
– Régnié – 395 ha. Suoli sabbiosi e poveri e graniti rosa. L’ultima nata. Posto splendido e zona più calda e più precoce. Vini più spontanei e fini, di grande compostezza.
– Brouilly – 1330 ha. Arenarie granitiche rosa, argille silicee, e suoli più scuri ricchi di diorite. Vigna più importante è la “Pisse Vieille”, dalla leggenda del “Piscia Vecchia”. Una signora va confessarsi dal nuovo parroco, non originario del Beaujolais. Il sacerdote assolve la donna con la formula “vai e non peccare più”, ma l’anziana, con quel tipo di pronuncia, intende “vai e non pisciare più”. Quindi torna a casa e non potendo evacuare viene presa da dolori e rantoli atroci. Il marito arrabbiato corre dal parroco per chiedere spiegazioni. Il parroco risolve l’incomprensione intercorsa così che l’uomo corra tornando verso casa urlando all’indirizzo della moglie “piscia vecchia, piscia vecchia”.
– Cote de Brouilly – 310 ha. Dioriti e quarziti e pierre bleu de Brouilly. È un vulcano spento ed è una denominazione all’interno, accerchiata dall’AOC Brouilly. Vini splendidi e non importati in Italia.
In degustazione solo grandi annate bevute in giovinezza.
Note di Degustazione di Armando Castagno:
- Beaujolais Villages – Jules Chauvet 2015 – Domaine Robert Denogent: Jules Chauvet detto il “Papa”. Punto di riferimento della viticultura naturale nel Beaujolais. Sabbie di granito rosa, fermentazione spontanea in tini di legno. No semi-carbonica. Affinamento in pieces di legno di settimo passaggio senza aggiunta di solforosa. Grammatica molto personale, amara, floreale e speziato. Molto calore, parte alcolica si sente. Naso incipriato.
- Saint’Amour 2016 – Domaine de Fa: dal Rodano che hanno fondato un piccolo Domaine nel Beaujolais. Parcella di 60 anni di un quarto di ettaro completamente in biodinamica per una produzione di 1500 bottiglie. Semi-carbonica e affinamento in pieces borgognone (228 litri). Struttura importante per essere un Saint’Amour. Naso molto vegetale, note di liquerizia, note cenerine-vulcaniche, viola. Vino fresco, vivido, apre bene con una suggestione zuccherina finale, estratti di glicerina ed alcol importanti.
- Juliénas – Cote de Bessay 2016 – David Chapel: figlio di Allen Chapel chef da tre stelle Michelin. Studia alla scuola enologica e da Marcel Lapierre da cui apprende la viticultura naturale. Parcella a metà con i Lapierre, vigna di 60 anni. Semi-carbonica a grappolo intero in contenitori di vetroresina. 8 mesi di maturazione in vetroresina e imbottigliamento senza aggiunta di solfiti. Un vino di natura boschiva, alloro, terra, fungo, corteccia, carruba. Colore già ossidato in mancanza di solfiti aggiunti. Importante, in questa valutazione, guardare l’annata. Le annate calde hanno sicuramente la tenuta migliore negli anni e resistenza maggiore all’ossidazione. Sono annate più atipiche ma sicuramente più longeve. L’annata più calda in Italia, la 1961, ha ancora i vini “tutti in piedi”, i vini più longevi del 900. Cosi come la 1961 anche la 1926, 1934, 1947, 1952, 1958, 1964, 1967, 1978, 1990, annate in Italia calde e granitiche. Le annate fredde sono più ritmiche, più nervose e coinvolgono anche di più nel breve periodo, ma nell’allungo, le annate calde, resistono e regalano grandi cose. Nel podio per quanto mi riguarda.
- Chénas – Le Jugement Dernier 2014 – Jules Desjourneys: agente e importatore dei più grandi vini al mondo a Parigi e a Lione. Era, per dirne una, il rappresentante della Domaine de la Romanée-Conti. Possibilità economiche importanti, fonda un Domaine nel Beaujolais. Jules Desjourneys non esiste come nome. “Jules” era il nonno, “Desjourneys” è un cognome che a suo dire stava bene accanto a “Jules”. Rese dichiarate di 19 ettolitri a ettaro contro i 58 hl ammessi dal disciplinare, si parla cioè di 30 quintali a ettaro!!! Ciliegia amara, ampio, fresco, con un tannino virile per un Gamay, vino da lunga gettata. Grande vino.
- Moulin-à-Vent – Le Clos 2015 – Domaine Labruyére: vini Moulin-à-Vent paragonabili ai Bordeaux per quanto riguarda la longevità e per come mantengono il frutto. Domaine davanti al Mulino simbolo della denominazione. Fermentazione in vasche di cemento, diraspatura totale e selezione acini con 3 passaggi sul tavolo di cernita. Maturazione in pieces per un decimo nuove. Colore molto scuro, impenetrabile, austero, chiuso al naso. Saturazione del frutto, prugna, bacca, ribes, cannella, non un naso estroverso. La bocca invece ha struttura importante che non teme alcuna untuosità nelle preparazioni gastronomiche. Alcol, estratto alto ma allo stesso tempo in splendido equilibrio.
- Fleurie – Clos du Pavillion 2015 – Domaine des Marrans: ragazzo molto bravo che si chiama Mathieu Mélinand. Monopole di 4 ettari, vigna molto assolata a 310 metri di altitudine esposta a sud, piante di 62 anni le più giovani e di 80-85 le più vecchie. Macerazione semi-carbonica a grappolo intero proprio per gestire meglio il frutto da vigne vecchie. Due settimane di macerazione e 18 mesi in botte grande “foudre”. Manata di frutti di bosco, iris. Finezza. Generosità dell’annata. Finale iodato, gessoso. Gran bel vino.
- Chiroubles – Les Terrasses 2015 – Frédéric Berne: ragazzo toccato dal genio, di trent’anni. Enologo e agronomo. Il più alto Cru del Beaujolais a 500 m slm che irrora acidità nella beva. Solo acciaio e bottiglia. Naso di mora e ciliegia. In bocca saporitissimo, buonissimo, lunghezza incredibile. Vino gentile.
- Morgon – Cuvée Corcelette 2016 – Jean Foillard: il Morgon più elegante, che non “morgonia” troppo. Una speziatura commovente, agrumi, componente balsamica importante, mentolato. Vigneto di 80 anni, esposizione sud est, semi-carbonica e macerazione di un mese in cemento, poi 18 mesi in pieces usate. Vino della serata personalmente. Naso da grande Borgogna.
- Brouilly – La Folie 2016 – Julien Duport. Difficilissimo trovare un Brouilly degno di una degustazione così importante. Poi è venuto fuori questo ragazzo, Julien Duport, bravissimo. Vino basico per le caratteristiche del territorio. Duport, lettore bravissimo del terroir e intelligente nel capire i limiti della denominazione, riesce ad esaltare ed enfatizzare il frutto. La Folie, vigna collinare a 350 metri, 40% di pendenza. Vigne per il 30% di 42 anni e per il 70% 102 anni. Grappolo lasciato intero. Macerazione di 18 giorni in acciaio. Solo acciaio anche per l’affinamento. Vino difficile da sputare, buono nella sua semplicità.
- Cote de Brouilly – La Chapelle 2017 – Chateau Thivin: 460 metri di altitudine. 50% di pendenza sulle pietre blu vulcaniche. Vigna di 60 anni portata avanti con orgoglio dalla Famille Geoffray. Produttori che non sbagliano un vino. Fermentazione spontanea alla borgognona, malolattica completa e botte grande per un anno. Carbone, catrame, vegetale, rosa, ciliegia e un tocco di fumo. Capolavoro di proporzione e finezza. Finale di lavanda, viola, pulitissimo.
“Il Beaujolais, dove i vini, soprattutto quelli molto buoni, sono autenticamente golosi (gouleyant), reattivi e vitali (senza forzature). E dove la bevibilità è sinonimo di succosità e di trasparenze, non di crudezze.
Dove ci porta invece la deriva crudista che tanti vini rossi vanno prendendo negli ultimi tempi? In un labirinto asfissiante, io credo. Perché un conto è l’orientamento ad apprezzare un liquido spoglio e disadorno per natura, ben altra cosa è invece la strategia produttiva che intende portare ogni vino rosso in direzione dell’acidità e della magrezza. Anticipare eccessivamente le raccolte e vinificare in perenne sottrazione non è la strada per la felicità, ma il vicolo cieco dell’omologazione. Se bastasse uno schema, un copia-incolla, una costruzione artificiosa per un approdo davvero credibile allora un Franciacorta garantirebbe le stesse emozioni di uno Champagne; Bolgheri le medesime performance del Medoc; Termeno le identiche premesse di Colmar. Invece non è affatto così.” Francesco Falcone
Iacopo
Comments are closed.