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Château Haut-Brion

Nulla è essenziale, tutto è necessario

Haut-Brion

 

STORIA

La leggenda dello Château Haut-Brion inizia molto presto e risale al 1423 quando i monaci di Menuts si insediarono nella zona e iniziarono la coltivazione della vite. L’Archivio dipartimentale della Gironda, riconosce e nomina il terroir della tenuta come Cru nel 1523, basandosi anche sul meraviglioso lavoro di Jean de Pontac, il fondatore di Haut-Brion, il quale definì i confini dell’attuale vigneto, costruì lo Chateau al centro della tenuta, su un’area di sabbia, ai piedi di un magnifico poggio ghiaioso, riservato esclusivamente alla coltivazione della vite, consegnandolo alla storia come Chateau più antico di Bordeaux datato 1549.

Erroneamente si pensa che la famosa classificazione dei vini di Bordeaux del 1855, fosse una classificazione del solo Médoc, in cui, lo Château Haut-Brion (di Pessac-Léognan), ne facesse parte solo per il prestigio e la storia millenaria. Questo non è del tutto vero. La lista stilata su richiesta di Napoleone III rappresentava la fotografia dei migliori vini dell’intera area di Bordeaux, e se in questa lista non compaiono nomi di Chateau a St-Emilions o Pomerol, e nemmeno altri localizzati nel Graves, è perché non erano considerati di qualità sufficiente, né strappavano prezzi abbastanza alti. Haut-Brion non solo è stato il primo Chateau ad affermarsi come First Growth, ottenendo un prezzo molto più alto rispetto alle altre prime crescite fino a un secolo dopo, ma è anche il primo vino di Bordeaux di proprietà singola a essere menzionato nella letteratura inglese o in qualsiasi altro documento.

Nel 1560 il proprietario era Arnaud de Pontac, tra l’altro membro del consiglio legislativo locale. Suo figlio era François-Auguste, un uomo che, secondo Alexis Lichine – imprenditore e scrittore russo e figura chiave del vino bordolese – non aveva “né il temperamento né l’attitudine alla vita legislativa. Era più interessato ai vini e al denaro che poteva ricavarne.”

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Quando morì, il castello fu trasferito al quarto figlio, Arnaud II de Pontac e poi, nel 1605, al nipote Geoffroy. Entrambi si impegnarono per promuovere, produrre e vendere il vino, ma fu la generazione successiva, nella figura di Arnaud III de Pontac, a costruire la leggenda e la reputazione dello Château. Figlio di Geoffroy, Arnaud III, studioso e umanista, divenne rapidamente la figura politica più influente di Bordeaux. Egli intraprese l’ampliamento della residenza, raddoppiando la superficie del vigneto e con la sua influenza politica diffuse, principalmente in Inghilterra, la fama del suo vino. In quello stesso periodo il Re Carlo II di Inghilterra, era tornato dall’esilio in Francia dove aveva apprezzato gli usi e i costumi oltralpe, tra i quali il vino. Londra era la città più cosmopolita del mondo e Arnaud ne intese subito il potenziale e la scelse come piazza per esportare i vini di Bordeaux. Nel 1660 il Re assaggiò il vino di Pontac e ne rimase stregato: Haut-Brion divenne il vino di tutta l’alta società londinese e il mito iniziò a prendere forma.

Nel 1666, poco dopo il grande incendio di Londra, con la città in ricostruzione, Arnaud de Pontac colse l’occasione e aprì una taverna chiamata The Pontac’s Head che divenne presto il più importante locale alla moda della città. Il vino di Pontac l’“Ho Bryen” – con pronuncia all’inglese – veniva venduto a sette scellini per una bottiglia contro i due scellini per il vino spagnolo o portoghese.

All’epoca il vino Haut-Brion o Ho Bryen, era anche conosciuto come Pontac, dal nome del proprietario della tenuta. Richard Ames, in una poesia intitolata “The Search after Claret” (1691) fa riferimento a “sprightly Pontac… “, e successivamente, in innumerevoli documenti e per molti anni, il termine “Pontac” veniva utilizzato come sinonimo per indicare genericamente il vino di Bordeaux.  A sedimentare il mito del vino ci pensa il famoso diarista Samuel Pepys il 10 aprile 1663, rendendo lo Château Haut-Brion il primo vino della storia ad essere recensito professionalmente: Mr. Pepys visitò la Royal Oak Tavern di Londra e successivamente scrisse di aver “bevuto una sorta di vino francese chiamato Ho Bryen che ha un sapore buono e particolare che non ho mai incontrato”.

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Haut-Brion o Pontac continua ad essere bevuto, citato e recensito. Ne scrivono in tanti anche tra poeti e scrittori come Dryden, Evelyn e Defoe. Nel 1677 anche il filosofo John Locke visitò la tenuta a Bordeaux e scrisse: “Un piccolo rialzo di terreno aperto a ovest, in una sabbia bianca mista a ghiaia; poco adatto a sopportare qualsiasi cosa […].

Nel giugno del 1705 la London Gazette mise in vendita “il nuovo chiaretto francese Obrion“. Il vino veniva venduto a 60 sterline al barile, mentre il Bordeaux ordinario veniva venduto a 18 sterline. Il “winebar” Pontac’s Head continuò ad esistere ed accrescere la fama dello Château Haut-Brion rimanendo in attività fino al 1780, quando fu demolito per far posto a un progetto di riqualificazione.

La reputazione del castello e del vino cresceva, tanto da essere apprezzato dai palati giusti; in particolare Thomas Jefferson, futuro presidente degli Stati Uniti d’America e allora ministro americano in Francia, ne parlò in stile quasi poetico ed entusiastico dopo aver visitato la tenuta nel 1787: “Il terreno di Haut-Brion, che ho esaminato nei minimi dettagli, è composto da sabbia, in cui c’è quasi tanta ghiaia rotonda o piccole pietre e pochissimo terriccio come i terreni del Medoc”. Fu talmente colpito dal vino di Haut-Brion che ne acquistò sei casse e se le fece spedire nella sua tenuta in Virginia. In una lettera al cognato Francis Eppes, scrisse: “Non posso negarmi il piacere di chiederti di partecipare a un pacco di vino che ho scelto per me. Lo faccio piuttosto perché ti fornirà un campione di quello che è il miglior vino di Bordeaux”.

Thomas Jefferson rimarrà per il resto della sua vita molto affezionato allo Château Haut-Brion tanto da classificarlo tra i quattro migliori vigneti della regione – anticipando di 75 anni e dimostrando grande lungimiranza – la classificazione ufficiale del 1855, quando lo Château divenne l’unico Premier Grand Cru Classé situato al di fuori del Medoc. Così, dopo le tavole reali di Inghilterra e Francia, Haut-Brion apparve con regolarità anche alle cene oltre oceano della Casa Bianca.

La proprietà nel corso degli anni cambiò spesso proprietari e venne anche molto frazionata già sul finire del XVII secolo. Fortunatamente due personaggi importanti furono coinvolti nella ricostruzione della proprietà: prima da Talleyrand ministro degli Affari esteri di Napoleone Bonaparte, che rappresentò un breve intermezzo in quanto ne restò proprietario solo dal 1801 al 1804. In seguito si susseguirono altri aristocratici e finanzieri e nel 1836 grazie al banchiere parigino J. E. Larrieu la proprietà di Château Haut-Brion venne finalmente riunificata.

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Ed eccoci ad una data fondamentale, per il mondo del vino non solo francese. Nel 1855, in occasione dell’Esposizione Universale tenutasi a Parigi, il Syndicat des Courtiers en vins de Bordeaux, su iniziativa promossa da Napoleone III e su richiesta della Camera di Commercio della Gironda, redasse una classifica ufficiale dei migliori vini di Bordeaux. I broker trassero le loro conclusioni sulla base dei prezzi raggiunti sul mercato nei secoli precedenti. Château Haut-Brion divenne, uno dei quattro Premiers Grands Crus Classés, insieme a Château Margaux, Château Lafite e Château Latour. In particolare Château Haut-Brion fu l’unica tenuta nella zona della Graves, poiché gli altri tre Premier Cru erano tutti della zona del Medòc: Château Lafite Rotschild e Château Latour a Pauillac e Château Margaux a Margaux. Nel 1973 fu elevato a rango di Premiers Grand Cru Classè anche Château Mouton-Rothshild sempre a Pauillac.

L’avvento del 900 coincide con l’avvento dei problemi, a Bordeaux ed in tutto il mondo: la fillossera, la prima guerra mondiale e la depressione. La redditività era ai minimi storici e il futuro incerto. Fino a quando non arrivò un signore americano. La leggenda narra che il finanziere americano Clarence Dillon, nel 1935, costretto dal maltempo a un’improvvisa sosta ad Haut-Brion, decise di acquistare lo Château per viverci stabilmente. La storia racconta invece di una proprietà che versava in una grave situazione finanziaria, e che venne acquistata dalla famiglia Dillon, la quale impegnò ingenti capitali nel rinnovamento di vigneti e cantina. La tenuta venne acquistata per 2.350.000 Franchi, poco più di 100.000 Sterline al tasso di cambio dell’epoca. Negli anni Trenta anche Cheval Blanc era sul mercato, più o meno allo stesso prezzo, e anche Chateau Ausone. La famiglia Dillon optò però Château Haut-Brion e dal 1935 ne detiene la proprietà. Oggi i proprietari sono Joan Dillon Duchesse de Mouchy, nipote di Clarence, insieme al figlio, il principe Robert de Luxembourg, sotto la gestione tecnica di Jean-Philippe Delmas. Insieme curano l’eredità, portando avanti la centenaria tradizione di questo leggendario Chateau.

Biblioteca Chateau Haut Brion

LA BIBLIOTECA

Château Haut-Brion è custode anche di una fornitissima e storica biblioteca costruita dal principe Robert nel 2008. L’obiettivo era quello di continuare la tradizione delle precedenti dinastie che hanno posseduto Haut-Brion per oltre quattro secoli: I Pontac, i Talleyrand e i Larrieu. La biblioteca oggi ospita circa 2.500 libri, manoscritti e menu provenienti da tutto il mondo.

Secondo Alain Puginier, responsabile del patrimonio e dei registri della tenuta, l’idea di una biblioteca è venuta al Principe Robert nel 2009, quando ha acquistato all’asta un libro “Le Maître d’hôtel français” di Marie-Antonie Carême, chef di Charles Maurice de Talleyrand-Perigord e definito “re dei cuochi e cuoco dei re”. Proprietario di Haut-Brion dal 1801 al 1804, Talleyrand assunse Carême il quale presto servizio per ben dodici anni. Durante questo periodo il ministro Talleyrand intrattenne molti principi, sovrani e capi di Stato da tutta Europa, servendo loro il cibo di Carême e i vini di Château Haut-Brion. Famosa è la citazione di Charles Maurice: “È attraverso le mie casseruole e la mia cucina che la mia diplomazia raggiunge i suoi obiettivi”.

Oltre ai libri, nella biblioteca è conservata un’impressionante collezione di menu di gala in cui sono stati serviti i vini di Haut-Brion: si può ammirare un menu esposto in una scatola decorata con motivi persiani risalente a quando lo Scià dell’Iran organizzò un banchetto a Teheran nell’ottobre 1971 per il 2.500° anniversario della fondazione dell’Impero persiano, ed anche il menu offerto dal Generale De Gaulle, a John F. Kennedy e alla moglie Jacqueline, durante la loro visita nel 1961 in cui furono consumate 37 bottiglie di Chateau Haut-Brion bianco annata 1953.  Il libro più antico conservato nella biblioteca è italiano: risale al 1516, è scritto in latino, a firma del poeta napoletano Francesco Mario Grapaldo.

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LA TENUTA e LA CANTINA

Château Haut-Brion è una proprietà molto urbana, collocata appena fuori dalla città di Bordeaux, precisamente a Pessac. La proprietà si estende tra due fiumi, il Peugue a Nord e il torrente Ars a Sud. Il suolo è caratterizzato dalla forte presenza di quarzo bianco e sabbia nella parte più superficiale, mentre in profondità troviamo argille e in seguito roccia. Già dalla fine del XVII secolo, gli studi sui suoli sono stati meticolosi, esaltando le caratteristiche di ogni singola parcella, al fine di formare il vigneto Grand Cru. Quest’ultimo attualmente è composto principalmente da Cabernet Sauvignon, Merlot e in misura minore Cabernet Franc, con un’età media delle vigne intorno ai 40 anni. Se normalmente al Cabernet Sauvignon piacciono terreni più alti e poveri, composti da sabbia e ghiaia, al Merlot piacciono quelli più ricchi di argilla, ultimamente questa equazione – causa anche del cambiamento climatico – non è seguita pedissequamente, sperimentando la coltivazione del Merlot in terreni magri.

In cantina, molte migliorie sono entrate negli anni 60 del secolo scorso. Haut-Brion ha sostituito i tini di fermentazione in legno con quelli in acciaio inox. Fu il primo Chateau a farlo. I tini erano 12, progettati appositamente da Jean-Bernard Delmas, storico winemaker di Haut-Brion, venuto a mancare qualche anno fa. A differenza di Latour, ad esempio, i cui tini erano alti e cilindrici e furono installati solo successivamente, quelli di Haut-Brion erano tozzi e misuravano circa 3 metri cubi. Delmas era convinto dell’importanza – in fase di macerazione – di avere il mosto con il maggior contatto possibile con le vinacce, riducendo al minimo le follature e rimontaggi, in quanto avrebbero conferito al vino un sapore troppo erbaceo. Dal 1987 la tenuta ha iniziato un rigido protocollo in vigna caratterizzato da un’importante vendemmia verde ottenendo di media 45-50 hl/ha. In cantina le temperature di fermentazione devono mantenersi in un range attorno ai 30°C. Attualmente, comprendendo anche La Mission Haut-Brion, sono quasi 80 gli ettari complessivi, di cui meno di dieci dedicati alle uve a bacca bianca: 60% di Semillon e 40% di Sauvignon blanc e i restanti settanta piantati a Cabernet Sauvignon (43%), Merlot (46%), Cabernet Franc (10%), Petit Verdot (1%). La densità di impianto è di 10.000 piante per ettaro

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LA MISSION e I SECOND LABEL

La Mission Haut-Brion, il secondo diamante della corona della famiglia Dillon, è stato acquistato nel 1983, dopo un lungo periodo in cui fu di proprietà dei preti Lazzaristi fino alla Rivoluzione francese, e poi, dal 1919, fu acquistato da Frédéric Otto Woltner, prima di essere acquistata nel 1983 da Clarence Dillon, a quel tempo già proprietario (dal 1935) dello Château Haut-Brion. I vigneti dei due Château, nonostante appartengano a territori comunali diversi, Pessac e Talance, sono praticamente l’uno accanto all’altro, separati dalla strada di Arcachon e dai binari del treno.

La Mission non figurava nel classement napoleonico, ma la sua qualità e il suo prestigio sono riconosciuti da tempo immemore: nel 1922 il costo di una bottiglia di La Mission Haut-Brion era di 10 franchi, contro i 9 di Latour e gli 8 di Lafite e Margaux. La maggiore differenza tra Haut-Brion e La Mission-Haut-Brion è il suolo: ricco di humus e meno ciottoloso quello de La Mission, a differenza di un terreno più sabbioso e povero quello di Haut-Brion. I vini de La Mission sono generalmente più robusti, tannici, generosi, quasi opulenti. I vini di Haut-Brion giocano più sulla finezza e l’eleganza.

Château Haut-Brion, oltre il Grand Vin Pessac-Léognan AOC Premier Grand Cru Classé Château Haut-Brion (nell’annata 2022: 53,6% Merlot, 35,4% Cabernet Sauvignon, 11% Cabernet Franc. 20 mesi di barrique nuove al 62,9%), produce il Bahans Haut-Brion, il second vin rosso della tenuta, rinominato Le Clarence de Haut-Brion con l’annata 2007 (nell’annata 2022: 62,1% Merlot, 21,9% Cabernet Sauvignon, 14,5% Cabernet Franc, 1,5% Petit Verdot. Barrique nuove al 20%). Si produce anche un Grand Vin bianco Château Haut-Brion Blanc (nell’annata 2022: 51,4% Sémillion, 48,6% Sauvignon. Barrique nuove al 40,4%) e un second label bianco, Les Plantiers du Haut-Brion, ribattezzato La Clarté de Haut-Brion nel 2009 (nell’annata 2022: 46.3 Sémillion, 53,7% Sauvignon. Barrique nuove 38,2%).

Château La Mission Haut-Brion, oltre il Château La Mission Haut-Brion (nell’annata 2022: 43,2% Merlot, 51,7% Cabernet Sauvignon, 5,1% Cabernet Franc.), produce il La Chapelle de La Mission Haut-Brion (nell’annata 2022: 55,9% Merlot, 35,4% Cabernet Sauvignon, 8,7% Cabernet Franc. Anche nella tenuta vicina si produce un bianco Château La Mission Haut-Brion Blanc (nell’annata 2022: 72% Sémillion, 28% Sauvignon).

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CONCLUSIONI

L’etichetta Château Haut-Brion è un capolavoro tipografico senza tempo e icona assoluto di classe e grandeur francese. Le sue bottiglie sono immediatamente riconoscibili. Haut-Brion ha iniziato a utilizzare la sua bottiglia distintiva, che emula il design di vecchi modelli di decanter, a partire dall’annata 1958, commercializzata nel 1960.

È stato il primo First Growth ad essere importato negli Stati Uniti. Le etichette delle bottiglie di Haut-Brion del millesimo 1850 indicano che almeno una parte della produzione fu imbottigliata dallo Chateau, il che potrebbe renderlo la prima grande tenuta di Bordeaux a imbottigliare il proprio vino.

La famiglia Dillon ad oggi possiede Château Haut-Brion, Château La Mission Haut-Brion e Château Quintus.

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Iacopo

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