Piccola “Ricognizione” come dice l’amico Francesco Falcone.
Tre tappe sull’Etna e due nel marsalese.
Volevo farmi un’idea, quindi ho optato per una visione generale che abbracciasse grandi realtà, e piccole particelle di grandi vignaioli resistenti.
EST – IL VULCANO
I ATTO
|• CANTINE TORNATORE •|
Il Cavaliere Tornatore, illuminato imprenditore nel settore delle tecnologie informatiche con più di 2000 dipendenti nel mondo, decide di investire nella sua terra di origine. 60 ettari sul versante nord dell’Etna. Una splendida cantina, “tiratissima” che produce 300.000 bottiglie con l’obiettivo di arrivare a 500.000. Numeri stratosferici per la realtà Etna. Si può pensare ciò che si vuole naturalmente, ma non vedo la cosa in maniera meramente speculativa. Credo che all’origine ci sia davvero un atto di amore per la sua terra, (anche perché la cantina rappresenta il 2% del fatturato totale dell’imprenditore Tornatore). Sono realtà grandi che possono fare da ariete e da apripista anche per tutte le altre piccole realtà di cui è costellata la viticultura etnea.
Che dire. Vini impeccabili, anche troppo. Con un solco tra la 2016 e la 2018 soprattutto nell’uso del legno, ed è una cosa che non mi spiego, perché l’enologo e la “filosofia” produttiva non sono cambiati.
Abbiamo assaggiato la bollicina Valdemone da Nerello Mascalese vinificato in bianco. Facile, immediato e senza pretese.
A seguire Pietrarizzo 2018 e 2016 da uve Grillo. Il 2016 mi ha convinto tanto, con una spontanea vitalità, insieme ad un tratto di vulcano puro senza sovrastrutture. Il 2018 pecca di un’attenzione eccessiva che mi fa perdere un po’ tutto il resto. Più bevanda che vino di vulcano. Anche il Rosso Riserva non mi ha convinto pienamente. Vini ben fatti, nulla da eccepire. Etichette tra le più iconiche d’Italia. Comunicazione giusta. Ha un futuro più che roseo davanti a sé.
II ATTO
|• BRUNO FERRARA SARDO •|
Ne avevano parlato – in maniera entusiastica – il trio Castagno/Rizzari/Gravina nel libro Vini da Scoprire. Devo dire che le aspettative non vengono tradite. Siamo a Randazzo, Contrada Allegracore.
Passeggiata nella vigna antistante la casa. Nerello Mascalese e uliveta. Poi Bruno ci porta in un’altra vigna poco distante sempre di Nerello ma a piede franco!!! Una vigna di 70 anni lasciata allo “stato brado” come dice Bruno. Magnifica.
Iniziamo ad assaggiare dei campioni di vasca, parliamo di anarchia e dell’ex-suocero Renato Ranaldi, artista fiorentino, che gli ha disegnato l’etichetta del suo piccolo capolavoro ‘Nzemmula, nome che vuole rimarcare la voglia di stare insieme.
Vini magnifici, espressività di territorio, beva compulsiva, che Bruno – rifuggendo dai complimenti – definisce un regalo della vigna. Abbiamo assaggiato il campione da vasca 2018 e 2019 e l’annata 2015.
Bruno è stata una conoscenza fondamentale per me, per capire il vulcano, il territorio e il mondo vitivinicolo sull’Etna e non solo.
III ATTO
|• SRC Vini Crasá •|
Curiosando sul catalogo Triple A, mi ero imbattuto in questo produttore. Ci spostiamo di poco rispetto a Bruno Ferrara Sardo, restando a Randazzo ma in contrada diversa: Calderara. SRC nasce nel 2012, iniziali di Sandra, Rori e Cinzia. Una realtà giovane, moderna e dinamica.
I lavori in vigna sono limitati all’essenziale, zolfo, farina di roccia, propoli. Spendidi muretti a secco, 12 ettari vitati che per la realtà etnea sono numeri importanti. Nerello Mascalese, Grenache, Carricante, Coda di volpe, Insolia e Minnella, anche uliveti e piante da frutto.
Abbiamo assaggiato i rossi da Nerello Mascalese: Rivaggi e Alberello, dalla contrada Crasà, entrambi da vigne vecchie. Bevute simili, molto territoriali, compiute, calde, centrate, come il fiume di lava che scorre nelle etichette.
OVEST – Marsala
IV ATTO
|• FLORIO •|
Magnifico.
Non ci sono altre parole. Botti del 1800. Tutta la storia del Marsala con le famiglie inglesi e la famiglia Florio. Il risorgimento (finanziamenti inglesi e massoneria per unire l’Italia). Contrapposizione ai Borboni prima, e durante la guerra in opposizione al fascismo e l’inevitabile declino.
Garibaldi che si riposa bevendo Marsala anzi beve Marsala e poi si riposa perché astemio. La Famiglia Florio con 99 navi perché 100 le aveva solo il Re e non si poteva eguagliare la flotta della Real Casa. Nonostante ciò, si fanno costruire la centesima nave ma in miniatura e la mettono sulla scrivania dell’ufficio.
Il Marsala nel 1934, del 42 del 44 ancora nelle botti scolme e imbottigliate in pochissimi esemplari ogni 15 anni e licenziate a prezzi, comprensibilmente, stellari.
E poi i tempi moderni, sicuramente meno romantici. 6,5 milioni di litri di Marsala presenti in cantina al momento della visita. Il Marsala con fortune alterne: bottiglia immancabile in tutte le case italiane, poi “ingrediente” per cucinare i dolci, poi gli orribili Marsala aromatizzati fino al VoV o “Marsala all’uovo”.
Il Marsala inevitabilmente perde la propria identità e viene utilizzato per produrre la Fiesta, la Simmenthal e tantissimi altri prodotti dell’industria alimentare italiana e non solo. Una classificazione da disciplinare troppo complicata che non aiuta il mercato ed il consumatore.
Il Marsala Fine, superiore e superiore riserva a seconda degli anni di affinamento. Da 2 a 5 anni minimi e con la possibilità di aggiunta di mosto concentrato o mosto cotto. Il Vergine che prevede solo l’aggiunta di alcol. Altre classificazioni in base al grado zuccherino e al colore.
Resta l’affascinante ricetta pre-inglesi, sussurrata di generazione in generazione, il cosiddetto Marsala Perpetuo, cioè con l’aggiunta – al vino vecchio – dell’annata nuova per ridare nuova vita, una sorta di Governo e Ri-Governo.
Florio + Duca di Salaparuta + Corvo, parliamo di una realtà gigantesca, una vera e propria multinazionale “vitivinicola”, nel dopoguerra di proprietà di Cinzano e ora di proprietà di ILLVA Saronno S.p.a.
Una degustazione (in una terrazza troppo MI.MA. per essere vera) che parte con una bollicina da uve Grillo del Duca di Salaparuta e proseguita con un Marsala Vergine 2003 “Terre Arse” e un Marsala Superiore dolce 2017 “Oltre Cento”
V TAPPA
|• NINO BARRACO •|
E arriviamo da Nino Barraco. Per me una dei più bravi vignaioli di Sicilia. Cantina nuova in costruzione e una vista spettacolare su Mozia a sinistra, ed il borgo di Erice sulle destra che si staglia imperioso.
Ho trovato dei vini diversi rispetto a quelli che avevo bevuto più volte in passato. Più nervosi, di un nervosismo bello, di chi ancora vuole sperimentare e non si vuole fermare, di chi non vuole omologarsi in macerazioni inutilmente prolungate. Bellissima sapidità, dritti, vivaci. Non si autocompiacciono, si lasciano bere con vero piacere e orgogliosamente siciliani e marini.
Rosammare per iniziare, un rosato da uve Nero d’Avola, per passare poi al Grillo e poi allo Zibibbo che ho apprezzato tantissimo. Il maestoso Nero d’Avola e concludendo con il leggendario AltoGrado, il “Marsala” di Nino, da uve Grillo, affinato in botti di castagno rigorosamente scolme, seguendo la tradizione dei vini ossidativi pre-british.
Nota a Margine: consiglio spassionato.
A Matera andate a mangiare al Ristorante La Lopa. Uno delle scoperte più belle degli ultimi anni, con una proposta enogastronomica originale e brillante.
Diggià la Sicilia sorgeva come una nuvola in fondo all’orizzonte. Poi l’Etna si accese tutt’a un tratto d’oro e di rubini, e la costa bianchiccia si squarciò qua e là in seni e promontori oscuri.
(Giovanni Verga)
.
.
Iacopo
Comments are closed.