Bartolo e Teresa Mascarello
Leggende di Langa
Il 13 marzo del 2005, all’indomani della scomparsa di Bartolo Mascarello, Giorgio Bocca scrive: «Andare a trovare Bartolo salendo in Langa dalla grande città sporca e confusa era ritrovare la ragione di una vita che ha un senso dalla nascita alla morte, una vita che si prende sul serio anche nelle cose minime, dove tutto ha una sua ragion d’essere, tutto è una conquista della umana intelligenza e applicazione e pazienza. Che cosa aveva ed ha il Barolo dei Mascarello? Nulla di speciale, salvo che essere perfetto. E cosa aveva il suo produttore, cosa aveva il Bartolo? Nulla di speciale, salvo un’integrità di vita, una saggezza, una pienezza di vita che ci facevano affrettare il passo per suonare alla sua porta».
Bartolo Mascarello. Basta pronunciare il nome per suscitare subito ammirazione e distaccato rispetto. Tutto inizia con il bisnonno Bartolomeo, cantiniere della cantina sociale di Barolo e proprietario delle vigne a La Morra, possedute per tutto l’ottocento dai signori di queste terre: i Marchesi Falletti. Il nonno Giulio Cesare fondò l’azienda nel 1919 che poi passò al figlio Bartolo. Giulio Cesare era amico di Pietro Nenni; Bartolo, conobbe tantissime personalità dell’epoca che salivano da Torino e da Milano a trovare il loro amico vignaiolo: Mario Rigoni Stern, Nuto Revelli, Giulio Einaudi, Natalia Ginzburg, Primo Levi, Antonio Giolitti, Vittorio Foa e il già citato Giorgio Bocca.
Un universo multicolore tra vino e letteratura, tra politica e resistenza. A Bartolo è succeduta Maria Teresa, tra le donne più meravigliose, eleganti e tenaci mai incontrate. L’azienda, con sede a Barolo, ha cinque ettari di vigne: un ettaro a La Morra e quattro ettari a Barolo. Fino al 1989 i Mascarello non avevano il telefono né in casa né in cantina: Bartolo andava al ristorante Brezza, dove ogni sera giocava a carte, a fare le telefonate e a riceverle, dato che gli importatori stranieri lo chiamavano lì. Si impose Maria Teresa in quanto non accettava che gli amici e le amiche, per contattarla, dovessero chiamare il ristorante Brezza. L’azienda non ha sito internet e non ha un indirizzo mail, ma il vino che produce è tra i più ricercati del mondo. Quando ci si confronta con certi vini e certe personalità bisognerebbe solo fare un passo indietro e tacere. Restano sullo sfondo parole come “tradizionalisti” o “modernisti”. Sono inutili e vacui gli appunti di degustazione e di ricerca del sentore perduto.
Oggi l’azienda Bartolo Mascarello produce circa 35.000 bottiglie all’anno: 20.000 di Barolo, 6.000 di Dolcetto, 5.000 di Barbera e il resto tra Freisa e di Langhe Nebbiolo.
Maria Teresa: “c’è chi le compra le bottiglie per la qualità eccelsa nel vino e chi lo fa per una questione identitaria, di luoghi e di spirito di un tempo che – ancora, forse – sopravvivono oggi”.
In Langa, una volta, quando nasceva una figlia si conservavano sei bottiglie di quell’annata, da aprire a 18 anni, mentre se nasceva un figlio maschio le bottiglie in dote erano dodici. Tutte le famiglie auspicavano di avere un figlio maschio. La Langa contrariamente ai desideri della vecchia generazione è molto al femminile in questo momento, e gode di ottima salute. Solo per citare alcuni nomi: Rinaldi Giuseppe ha passato il testimone a Carlotta e Marta. Barale ad Eleonora e Gloria. Rinaldi Francesco a Paola e Piera. Borgogno Serio e Battista a Paola e Anna.
L’azienda Bartolo Mascarello è lo specchio di una Langa che ancora esiste e resiste. Tutto è semplice e allo stesso tempo, tutto è denso di significati. Vini senza compromessi, amore per la vita e per l’eredità storica. Il lavoro ben fatto e la diffidenza tutta contadina verso i soldi guadagnati troppo facilmente. Il rispetto verso il vino rifuggendo dal chiacchiericcio modaiolo e patinato del mondo del vino attuale.
Iacopo
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